Come sfruttare lo storytelling per valorizzare l’identità aziendale

La narrazione è senza dubbio una delle forme d’arte più antiche, nata probabilmente assieme al linguaggio. Raccontare e condividere storie, favole, leggende e miti è un’attività compresa da qualsiasi comunità umana: se una volta accadeva attorno a un fuoco, oggi accade anche attraverso schermi e social, oltre che dal vivo.

Storytelling e senso di appartenenza in azienda

Avere una narrazione comune contribuisce fortemente al senso di identità: molte organizzazioni lavorano infatti su brand identity, employer branding, mission, purpose, tutti modi per indicare in fondo come ci si racconta, che parole si scelgono per dipingere il proprio ritratto. Tutti elementi che per funzionare devono essere condivisi, proprio come una leggenda o un mito.

Per sentirci parte di una comunità dobbiamo conoscerne la narrazione, lo storytelling, e dobbiamo trovare posto per il nostro modo di raccontarci, di contribuire alla narrazione collettiva, allo storytelling condiviso. Costruire una narrazione comune consente di attivare il senso di appartenenza, di aprire le porte dell’immaginario. Permette di far sentire le persone nel posto giusto, di vedere il  senso del proprio operato, soprattutto in un’epoca post pandemica, dove milioni di persone hanno rivisto il ruolo del lavoro nella propria vita.

A nostro avviso questa è l’eredità più affascinante e sfidante della pandemia: interi settori si sono trovati senza forza lavoro, milioni di lavoratori hanno cambiato priorità, il work-life balance si è spostato, forse per sempre.

Il potere dello storytelling in azienda

Sempre più persone cercano significato, desiderano far parte di un progetto che abbia valore, e ogni progetto è anche una storia che va raccontata.

Quando penso a questa situazione mi torna sempre in mente un passaggio di “Tre piani”, il romanzo di Eshkol Nevo, in cui una delle protagoniste per superare un momento di crisi chiede a un’amica di raccontarle la sua stessa storia. Ascoltare le parole dell’amica mentre narra la sua vita la riconnette a sé stessa, riportandola alla realtà.

Un’organizzazione che intende sviluppare senso di community deve costruire una narrazione collettiva, e quindi senso di appartenenza. Prendetevi un attimo per pensare alla vostra situazione: se la vostra organizzazione fosse una storia, che storia sarebbe? Voi che ruolo avreste? Che storia racconterebbero i vostri colleghi, e che ruolo si darebbero?

Alcune organizzazioni hanno chiarissimo il potere di queste narrazioni, e le curano con attenzione; altre lo trascurano o lo danno per scontato, magari per concentrarsi solo su obiettivi quantitativi.

Rituali e Community: Effetto Larsen e Pop-Up Civilization

Oltre alle narrazioni, nelle community troviamo dei rituali, che non vanno confusi con le abitudini. Un rituale ha un tempo speciale: non produttivo, sospeso, come una parentesi dall’ordinario. Ha una dimensione speciale, una sacralità. Ha un codice, un linguaggio che ne collega gli elementi, e una ripetibilità, ovvero è qualcosa che torna nel tempo. 

Ha anche un’altra caratteristica, la nostra preferita: è profanabile, ovvero alcuni elementi del rituale possono essere estratti e portati nel quotidiano – ed è questo che significa rendere profano. I rituali sono qualcosa che riconosciamo immediatamente, e che possono – e a volte devono – essere scissi da qualsiasi riferimento culturale o spirituale.

È possibile infatti anche inventarne: è quello che chiediamo di fare ai partecipanti di Pop-up Civilization, un format di Effetto Larsen sui processi decisionali e sulle dinamiche di gruppo. A ciascun partecipante viene dato un lungo bastone di bambù, che conferisce immediatamente un’atmosfera particolare all’incontro, e poi chiediamo al gruppo di costruire un rituale di appartenenza alla loro comunità. Qualcosa di semplice e ripetibile. Ed è così che ha inizio l’attività.

In dozzine di sessioni abbiamo sempre visto le persone coinvolte e disponibili, dal pubblico dei festival ai top manager delle multinazionali. In alcune occasioni il rituale è stato anche mantenuto dopo l’esperienza, per salutarsi o aprire una riunione.

L’esperienza umana nella costruzione e gestione delle community costituisce un ricco patrimonio al quale attingere per costruire le organizzazione di domani. Condividere una narrazione, sviluppare senso di appartenenza, stimolare la contribuzione sono tutti comportamenti che già conosciamo, e che possono essere messi in pratica diventando parte integrante dei processi organizzativi.